19-01-2017

Gli effetti sulla salute di cannabis e cannabinoidi

Gli effetti sulla salute di cannabis e cannabinoidi Un nuovo report delle National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine offre una rigorosa review delle ricerche scientifiche pubblicate a partire dal 1999 a proposito degli impatti sulla salute della cannabis e dei prodotti derivati – quali la marijuana e i principi chimici attivi noti come cannabinoidi – spaziando dagli effetti terapeutici a quelli invece associati a patologie, disordini di salute mentale, lesioni e decessi.
Le National Academies, istituzioni private no profit  statunitensi, hanno una lunga storia di impegno nel fornire analisi oggettive e indipendenti e consulenza in merito a questioni complesse, con l’intento di incidere sulle policy statali e federali in tema di scienza, tecnologia e medicina. La commissione che ha portato avanti lo studio e redatto il report ha considerato più di diecimila abstract scientifici per raggiungere circa un centinaio di conclusioni, avanzando inoltre proposte per espandere e migliorare la qualità delle ricerche sulla cannabis, far progredire gli sforzi nella raccolta dati e superare le barriere che attualmente ostacolano la ricerca.
“In questi anni lo scenario dell’utilizzo della marijuana sta cambiando rapidamente poiché diversi Stati stanno legalizzando la cannabis per fini terapeutici e ricreazionali”, afferma Marie McCormick, presidentessa del  Committee of the Health Effects of Marijuana (d’ora in poi ‘Commissione’) e professoressa della School of Public Health di Harvard. “Le crescenti accettazione, accessibilità e utilizzo della cannabis e dei suoi derivati hanno sollevato preoccupazioni relative alla salute pubblica. Inoltre, la mancanza di una conoscenza complessiva degli effetti sulla salute della cannabis ha contribuito a generare un clima di incertezza rispetto a quali siano, se esistono, i danni o i benefici legati all’uso della sostanza. Pertanto, abbiamo condotto una review ampia e approfondita  delle ricerche più recenti per stabilire con forza ciò che la scienza dice ed evidenziare le aree che ancora necessitano di ulteriori analisi. Come le normative e le politiche cambiano continuamente, così deve fare la ricerca”.
Attualmente, la cannabis, in termini di utilizzatori nell’ultimo mese, è la droga più popolare negli Stati Uniti. Secondo una ricerca condotta a livello nazionale, 22,2 milioni di americani dai 12 anni di età in avanti hanno dichiarato di aver fatto uso di cannabis nei 30 giorni precedenti la rilevazione. La ricerca evidenzia anche che il 90% degli utilizzatori adulti negli Stati Uniti afferma che la ragione d’uso primaria è di natura ricreazionale, mentre un soggetto su dieci vi ricorrerebbe per motivi prevalentemente terapeutici. Circa il 36% riporta un utilizzo misto. Inoltre, tra il 2002 e il 2015, la percentuale degli utilizzatori di cannabis nell’ultimo mese (sempre 12 anni d’età è più) è cresciuta dal 6,2 all’8,3% negli Stati Uniti.
 
Effetti terapeutici
Una delle applicazioni terapeutiche della cannabis e dei cannabinoidi riguarda il trattamento del dolore cronico negli adulti. La Commissione ha trovato evidenza a supporto del fatto che i pazienti trattati con cannabis e cannabinoidi sperimentano una significativa riduzione di sintomatologie dolorose. Negli adulti con spasmi muscolari dovuti a sclerosi multipla, emerge che l’uso di breve periodo di ‘cannabinoidi orali’– ad esempio, farmaci– è suscettibile di alleviare i sintomi. Inoltre, esistono forti prove a sostegno del fatto che negli adulti con nausea e vomito indotti dalla chemioterapia, determinati cannabinoidi risultano efficaci nel prevenire e trattare quei disturbi.
 
Lesioni e decessi
I dati suggeriscono che l’uso di cannabis prima di guidare accresca il rischio di essere coinvolti in incidente stradali, mentre negli Stati americani dove la cannabis è legalizzata è segnalato un maggior rischio di danni provocati da overdose involontarie tra i bambini: secondo le risultanze di in singolo studio, l’ingestione risulta la più comune causa di esposizione pediatrica involontaria alla cannabis, pesando per il 78% di tutti gli incidenti.  Un’altra ricerca riporta che, dal 2000 al 2013, il tasso annuale di chiamate ai centri anti-veleni legate all’esposizione alla cannabis tra i minori di 6 anni è stato quasi triplo negli Stati che avevano legalizzato l’uso terapeutico della cannabis prima del 2000 rispetto agli Stati dove era rimasto illegale. La Commissione auspica più ricerche per determinare se e come la cannabis sia associata a decessi o a incidenti lavorativi.
 
Cancro e sistema immunitario
Riguardo al legame tra marijuana e cancro, la Commissione ritiene, dati alla mano, che fumare cannabis non accresca il rischio di quei tumori per solito associati invece al tabacco, quali cancro al polmone, testa e collo.  Scarse anche le evidenze sull’associazione tra cannabis e un particolare sotto-tipo di cancro del testicolo, così come appare improbabile che l’uso di cannabis da parte di uno o entrambi i genitori durante la gravidanza possa condurre a un più elevato rischio tumorale nel bambino. Peraltro, il fumare cannabis durante la gravidanza è legato a un minor peso alla nascita della prole, anche se il rapporto con altri esiti della gravidanza e dello sviluppo infantile non è chiaro.
Vi è una mancanza di dati riferiti alle ricadute terapeutiche della cannabis e dei cannabinoidi sul sistema immunitario umano, così come insufficienti sono le evidenze per addivenire a conclusioni solide riguardo gli effetti del fumare tali sostanze sulla competenza immunitaria.  Allo stesso modo, esigui sono i risultati a sostegno o confutazione della associazione statistica tra cannabis/cannbinoidi  e conseguenze avverse sullo stato immunitario dei soggetti affetti da HIV. Ciononostante, evidenze limitate suggeriscono che l’esposizione regolare al fumo di cannabis possa avere effetti anti-infiammatori.
 
Infarto, ictus, diabete e problemi respiratori
Se determinate risultanze suggeriscono che fumare cannabis possa scatenare un attacco cardiaco, la Commissione afferma la necessità di nuove ricerche per stabilire se e come l’uso di cannabis sia effettivamente associato a infarto del miocardio, ictus e diabete. Invece, dalla rassegna della letteratura esaminata, pare che il fumare cannabis su base regolare induca più frequenti episodi di bronchite e peggiori preesistenti sintomi respiratori, quali tosse cronica e produzione di muco, e che interrompere l’uso della sostanza conduca a un miglioramento. Tuttavia, non è chiaro se l’uso di cannabis determini problemi respiratori, tra cui  broncopneumopatia cronica ostruttiva, asma o peggioramento delle funzioni polmonari.
 
Salute Mentale, aspetti psicosociali e abuso di altre sostanze
L’uso di cannabis può alimentare il rischio di sviluppare schizofrenia, altre psicosi, disordini da ansia sociale e, in misura minore, depressione. D’altro canto, negli individui con preesistenti schizofrenia e altre psicosi, una storia di uso di cannabis può essere legata a migliori performance mnemoniche e nell’apprendimento. Gli utilizzatori ‘pesanti’ di cannabis sono più propensi a riportare pensieri suicidari; nei soggetti con disturbo bipolare un uso quotidiano finisce per accrescerne i sintomi.
Apprendimento, memoria e attenzione risultano menomati immediatamente dopo l’utilizzo di cannabis ed emergono lievi riscontri di alterazioni nei domini cognitivi dell’apprendimento, della memoria e dell’attenzione in individui che hanno smesso di fumare cannabis.
In aggiunta, la cannabis ha un impatto sui risultati scolastici, le relazioni e i ruoli sociali. In particolare, è stata riscontrata associazione tra ricorso alla cannabis, stato di disoccupazione e basso reddito. L’adolescenza e l’inizio dell’età adulta sono i momenti in cui molti giovani iniziano a sperimentare uso e abuso di sostanze, cannabis inclusa, ed è proprio durante questi periodi che gli stati neurali alla base degli sviluppi della cognizione sono più attivi.
Una più alta frequenza nell’uso di cannabis e una precoce età di esordio determinano una maggiore probabilità di sviluppare problematiche connesse, mentre limitate sono le evidenze secondo cui la cannabis favorisca il passaggio ad altri tipi di sostanza e secondo cui vi sia un legame tra l’uso di cannabis e lo sviluppo di dipendenza da sostanze e/o disordini da abuso di sostanze quali alcol, tabacco e altre droghe illecite. 
 
Sfide e Barriere nel condurre ricerche sulla cannabis
Oltre a raccomandare più ricerca sugli effetti benefici e dannosi della cannabis e dei cannabinoidi, la Commissione enfatizza diverse sfide e barriere che si presentano al momento di condurre simili studi. Ad esempio, alcune barriere regolatorie, inclusa la classificazione della cannabis nella lista delle sostanze illegali (Schedule I), impediscono avanzamenti nel campo della ricerca. Gli studiosi spesso trovano anche difficile ottenere accesso a informazioni essenziali sulla quantità, quantità e tipologia di prodotti derivati dalla cannabis. In ultima istanza, la Commissione ribadisce la necessità di allargare il network di soggetti ed enti finanziatori interessati e propensi a sostenere la ricerca.
 
Fonte: http://nationalacademies.org/CannabisHealthEffects