29-11-2016

Dipendenze comportamentali

Dipendenze comportamentali Si è a lungo discusso di ‘dipendenza’ con riferimento ai disordini collegati all’uso di sostanze e alle conseguenze del relativo abuso. Tuttavia, negli ultimi anni vanno acquisendo rilevanza le cosiddette ‘dipendenze comportamentali’, la più studiata delle quali, il disturbo da gioco d’azzardo, è stata inclusa nel DSM-5 della American Psychiatric Association nella sezione dedicata alle dipendenze patologiche. Si tratta di un approdo definitivo?
Un recente articolo di Sinclair et al. (2016) dà un contributo al dibattito sulla validità diagnostica e l’utilità clinica del costrutto di dipendenza comportamentale, riportando una serie di perplessità emergenti nella comunità scientifica. Emergono dubbi rispetto alle non chiarissime evidenze empiriche delle conseguenze negative di determinati comportamenti reward-seeking e alla applicabilità di concetti quali tolleranza e sindrome di astinenza ai comportamenti ritenuti additivi. Inoltre, se svariate ricerche sulle dipendenze comportamentali mostrano parallelismi a livello clinico e neurobiologico con le dipendenze da sostanze, altri studi invece evidenziano incongruenze. E’ innegabile che il costrutto di dipendenza comportamentale si stia rivelando produttivo a livello scientifico-pubblicistico, come dimostra il vasto corpus di ricerche relative al gambling, alla sexual addiction, alla dipendenza da internet, a quella da shopping e ai disordini alimentari, solo per citare alcune tematiche tra le più esplorate. Tuttavia, secondo gli autori dell’articolo succitato, molto deve essere ancora fatto: vi sono ancora pochi studi relativi all’epidemiologia e all’eziologica di questi disordini e persiste il dubbio che la medicalizzazione delle dipendenze comportamentali possa concentrare eccessivamente il fuoco sull’individuo piuttosto che sul ruolo dei sistemi sociali, tecnologici e finanziari nel rendere il singolo più vulnerabile e propenso a comportamenti disfunzionali (Potenza, 2015).
Risulta quindi opportuno stabilire soglie e criteri diagnostici condivisi e ricorrere a strumenti di assessment validi e attendibili, in grado di individuare sintomi specifici, di valutarne la severità e l’impatto nei diversi ambiti. Un lavoro di ricerca e analisi che si prospetta complesso e difficile, ma che consentirebbe, mediante un’accurata opera di concettualizzazione e classificazione, di allargare la conoscenza sulla psicobiologia di quei comportamenti disfunzionali che molti considerano vere e proprie dipendenze.
 
Fonte: Sinclair H., Lochner C. & Stein D.J. (2016), “Addiction: a Useful Construct?”, Current Behavioral Neuroscience Reports, vol. 3, n. 1.