06-03-2017

La crisi della psichiatria italiana nell'analisi della Siep

La crisi della psichiatria italiana nell'analisi della Siep La salute mentale è in grave difficoltà in almeno la metà del Paese, con i dipartimenti dedicati ormai strutturalmente sotto organico dopo i tagli degli anni recenti e la perdita solo nel 2015 di 10mila unità di personale. Un evidente sotto-dimensionamento, che si verifica proprio mentre le statistiche indicano l’aumento delle condizioni di disagio psichico nella popolazione, in linea con quanto recentemente rilevato dall’Organizzazione mondiale della Sanità. In effetti, l’Oms ha richiamato l’attenzione sull’importanza della salute mentale per il benessere e la qualità della vita in una società dove assumono rilievo nuove dimensioni psicopatologiche collegate, oltre alle sostanze d’abuso, alle dipendenze comportamentali, senza tralasciare una attenta considerazione dei costi socio-economici, diretti e indiretti, provocati dai disturbi mentali non trattati e dei rischi della trasmissione transgenerazionale.
In questo contesto, i risultati emersi da un’analisi resa pubblica dalla Società italiana di Epidemiologia psichiatrica (Siep) sui dati del Rapporto Salute mentale (ministero della Salute, 2016) relativi al personale dei Dipartimenti di Salute mentale (Dsm) nelle singole Regioni, confermano la condizione di grave difficoltà dell’assistenza psichiatrica in Italia. L’analisi a livello regionale mostra che, oltre a Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, solo Emilia Romagna, Liguria e Sicilia si collocano sopra lo standard di riferimento. Lombardia, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Veneto non si discostano dal valore medio nazionale. Le Regioni che mostrano i livelli di personale più bassi sono Molise, Umbria, Abruzzo e Basilicata. Sono comunque al di sotto del valore medio nazionale anche Puglia, Lazio, Marche, Calabria, Piemonte e Campania. La variabilità dei risultati tra le Regioni, si legge nel resoconto Siep,  potrebbe essere dovuta a numerosi fattori, come le diverse politiche di accesso, la capacità e modalità di risposta, il rapporto tra Dsm e cure primarie. In tutti i casi essa dovrebbe indurre interventi correttivi a salvaguardia del benessere e della sicurezza di medici e pazienti e dell’equità di trattamento.
Appare evidente, sostiene dalle colonne di Sanità 24 il presidente della Siep Fabrizio Starace, il peso di “scelte precise di politica sanitaria, volte a promuovere (o rendere impraticabile) un modello di intervento realmente integrato (…) È chiaro che nella situazione descritta una quota consistente della domanda potrebbe orientarsi verso il privato, contribuendo ad accrescere le disuguaglianze. In definitiva, il quadro che emerge dall’analisi dei dati sulla dotazione di personale dei Dipartimenti di Salute mentale italiani presenta tinte fosche (...) Ve ne è abbastanza perché di Salute mentale e delle effettive condizioni del sistema di cura si riprenda a discutere e a programmare, sulla base di informazioni precise e attendibili”, conclude.