Migranti e abuso di sostanze
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Se è vero che gli immigrati presentano livelli più bassi nell’abuso di alcol e sostanze, è altrettanto vero che, all’interno di questa sotto-popolazione, chi è dedito al consumo delle medesime sostanze risulta esposto a maggiori rischi di abuso e di comorbilità relative alla salute mentale. Ciò sarebbe connesso alle specificità culturali dei migranti, che spesso stigmatizzano pesantemente l’uso di sostanze, al punto da indurre la marginalizzazione sociale degli abusatori, con conseguente scarso accesso al trattamento. Interessanti in proposito le evidenze emerse dal lavoro di un gruppo di ricercatori italiani (Pavarin et al., 2016) che, con l’obiettivo di descrivere la relazione tra status migratorio, uso di sostanze psicoattive legali e illegali e disordini psicologici percepiti in un campione di minori, hanno condotto interviste tra studenti (13-16 anni) reclutati nelle scuole medie inferiori e superiori.
La ricerca descrive la normalizzazione della presenza delle sostanze psicoattive nei contesti di vita dei minori, con esordio precoce e indifferenziazione nelle ragioni di utilizzo (ricerca del piacere, curiosità, motivi ricreazionali). Nel dettaglio, emergono aspetti poco conosciuti di una società sempre più multiculturale come quella italiana, dove un sotto-gruppo specifico, rappresentato dai minori di seconda generazione, mostra spesso sintomi di malessere psichico, ansia e depressione rispetto ai quali l’uso di sostanze pare assumere una valenza di auto-cura.
Fonti:
Qureshi, A., Garcia Campayo, J., Eiroa-Orosa, F. J., Sobradiel, N., Collazos, F., Febrel Bordejé, M., Roncero, C., Andrés, E., Casas, M. (2014), “Epidemiology of substance abuse among migrants compared to native born population in primary care”, The American Journal on Addictions.
Pavarin, R.M., Emiliani, F., Passini, S., Mameli, C., Palareti, L. (2016), “Risky consumption, reasons for use, migratory status and normalization: the results of an Italian study on minors aged between 13 and 16”, International Journal of Migration, Health and Social Care, 12(4), 264-277.